Quello che si sa finora è che trasportava una bomba e che è di progettazione “sovietica”. Non è chiaro ancora se appartenesse all’esercito russo o a quello ucraino, il cui arsenale bellico deriva ancora in buona parte dall’ex Urss. Ma quello che più preoccupa è il fatto che il drone che si è schiantato vicino a Zagabria, capitale della Croazia, a circa 200 chilometri dal confine italiano, ha potuto viaggiare indisturbato sui cieli d’Europa sfuggendo agli intercettori della Nato, secondo quanto denunciao le autorità croate. Un presunto “buco” nel sistema di difesa occidentale che verrà discusso mercoledì al tavolo dell’Alleanza atlantica.
Da dove arriva il drone
Il drone militare si è schiantato giovedì sera in un parco situato a sei chilometri dal centro di Zagabria, vicino a una città universitaria che ospita 4.500 studenti e a circa 200 metri da una zona residenziale, senza per fortuna causare vittime. Ha però danneggiato quaranta auto parcheggiate in un parcheggio. Secondo il ministro della Difesa croato Mario Banozic, grazie ai dati della scatola nera, è stato possibile ricostruire che il drone è stato “lanciato dal territorio dell’Ucraina”. Banozic ha aggiungto che l’aeromobile “trasportava “una bomba” che “è stata utilizzata su aerei di fabbricazione sovietica”. Per la precisione si tratterebbe di un Tupolev Tu-141 Strizh, un aereo telecomandato prodotto negli anni ’70 e ’80 per le esigenze dell’esercito sovietico e utilizzato per missioni di ricognizione.
Zagabria vuole chiarimenti
Secondo il ministro, questo drone di oltre 6 tonnellate ha subito “modifiche (…) ovviamente, di recente”. “Le tracce dell’esplosivo e di altri elementi trovati suggeriscono che questo dispositivo non era destinato alla ricognizione”, ha aggiunto Banozic, senza però specificare se l’ordigno sia esploso o meno. Il relitto del drone e i frammenti della bomba saranno trasportati “in una zona militare dove verrà effettuata un’analisi dettagliata”, ha spiegato. Come dicevamo, le autorità di Zagabria hanno criticato le “mancanze” nella reazione di alcuni alleati della Nato, in particolare di Ungheria e Romania. Le autorità croate affermano che l’aereo ha volato per circa 40 minuti nello spazio aereo ungherese e che la Croazia non è stata informata.
Lo scudo Nato
Il caso del drone riaccende il dibattito sulla reale capacità dei Paesi Ue e Nato di far fronte ad eventuali attacchi aerei dall’esterno. A preoccupare gli esperti di difesa è la mancanza di un sistema adeguato a rispondere a minacce come quelle rappresentate dai missili ipersonici russi, che secondo il presente Vladimir Putin “non hanno rivali” al mondo. A oggi, il sistema di protezione missilistico europeo si basa sullo scudo Nato, la Bmd (Ballistic missile defense) sviluppato a partire dal 2010. Il sistema ha il suo centro di comando in Germania, nella base di Ramstein, e si poggia su radar di avvistamento (come quello in Turchia), e intercettatori dislocati dalla Romania alla Spagna sia su terra che su navi. Proprio alla vigilia di Natale, l’esercito russo ha voluto mostrare a tutti i suoi missili Zircon, che pare siano in grado di viaggiare anche nella stratosfera, con una velocità di 11mila chilometri orari, e di eludere sistemi di difesa come la Bmd.
fonte: https://europa.today.it/attualita/drone-bomba-italia-nato.html?fbclid=IwAR1jBDvZY6XWN6s-ApFzh3dBigC0NTD5ceaIIFm9gqxEGc5XtGqZK0bdMK4
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